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La luna e il violino

di Massimo De Tommaso

Parlavo a sprazzi
tra scomodi silenzi,
raccoglievo appunti
sull’ineffabile
e guardavo le notti
da una feritoia del cuore
che si apriva su un abisso,
così scuro e profondo,
che a pensarlo
tornano ancora le vertigini.
Eppure tu
comprendevi i miei silenzi,
riuscivi con i tuoi sorrisi smorzati
e con i tuoi abbracci mimati
a dare forma a quell’indicibile.
Camminavi senza peso
sui lembi della mia ferita
e guardando nell’abisso
stringevi la testa con le mani,
per scoprire che quelle vertigini
erano soltanto i crateri
di una Luna, dentro cui
morivano gli echi di una poesia
che non era più parola
ma soltanto voce di un violino.